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Almeno 1.500 i civili uccisi in Sudan nell'assalto a Zamzam
Inchiesta del quotidiano britannico rivela un bilancio altissimo
Potrebbe essere di 1.500 civili morti il bilancio dell'attacco al più grande campo profughi del Sudan avvenuto aprile, in quello che si configurerebbe come il secondo peggior crimine di guerra del catastrofico conflitto in atto nel Paese. Lo rivela una inchiesta del Guardian sull'attacco durato 72 ore dalle Forze di Supporto Rapido (Rsf) paramilitari al campo di Zamzam nel Darfur settentrionale, il più grande del Paese. Sulla base di testimonianze direttamente raccolte, risulta che centinaia di civili rimangono dispersi e che il massacro è stato accompagnato da esecuzioni di massa e rapimenti su larga scala. Secondo le stime elaborate dal Guardian, l'attacco delle Rsf sarebbe secondo solo a un analogo massacro etnico avvenuto nel Darfur occidentale due anni fa. La guerra tra le Rsf a guida araba e l'esercito sudanese, scoppiata nell'aprile 2023, è stata caratterizzata da ripetute atrocità, costringendo milioni di persone ad abbandonare le proprie case e causando una delle più grandi crisi umanitarie al mondo. Finora, i resoconti sull'attacco a Zamzam tra l'11 e il 14 aprile avevano indicato che fino a 400 civili non arabi erano stati uccisi durante l'attacco durato tre giorni e l'Onu aveva quantificato le vittime in "centinaia". Tuttavia, un comitato istituito per indagare sul bilancio delle vittime ha finora "contato" più di 1.500 vittime nell'attacco, avvenuto alla vigilia di una conferenza di pace promossa dal governo britannico a Londra. Mohammed Sharif, membro del comitato e membro della precedente amministrazione di Zamzam, ha affermato che il totale finale sarebbe significativamente più alto, con molti corpi ancora da recuperare dal campo, ora controllato dalle Rsf. Almeno 2.000 residenti di Zamzam, ha aggiunto, risultano ancora dispersi.
N.Mitchell--AT