Arizona Tribune - Riondino, il mio Vivaldi e Cecilia, l'incontro tra due solitudini

Riondino, il mio Vivaldi e Cecilia, l'incontro tra due solitudini
Riondino, il mio Vivaldi e Cecilia, l'incontro tra due solitudini

Riondino, il mio Vivaldi e Cecilia, l'incontro tra due solitudini

Michieletto, dopo 'Primavera' film più ruvido e meno prevedibile

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"È sempre una questione di musica, morte e soldi", così dice a un certo punto la giovane Cecilia (Tecla Insolia) in 'Primavera', esordio cinematografico di quell'inquieto regista d'opera che è Damiano Michieletto, già al Toronto International Film Festival e ora in sala dal 25 dicembre con Warner Bros Pictures. Liberamente tratto dal romanzo 'Stabat Mater' di Tiziano Scarpa (Premio Strega 2009, pubblicato in Italia da Giulio Einaudi editore), questo film esteticamente raffinato è un grande omaggio alla musica, quella straordinaria e modernissima del Settecento, al coraggio femminile e alla crudeltà del potere e del destino. Siamo nell'Ospedale della Pietà, il più grande orfanotrofio di Venezia, un'istituzione che inizia le orfane più brillanti allo studio della musica e che ha un'orchestra tra le più apprezzate al mondo. Cecilia, vent'anni, è una straordinaria violinista piena di talento prigioniera di questo orfanotrofio che può esibirsi solo dietro una grata e sperare o in un matrimonio con un ricco mecenate o che la madre sconosciuta torni a reclamarla. Ma tutto cambia con l'arrivo del nuovo insegnante di violino. Il suo nome è Antonio Vivaldi (Michele Riondino). "È proprio il rapporto con la musica che determina due solitudini e queste due solitudini, quella di Vivaldi e quella di Cecilia, restano tali anche nel momento in cui si vanno ad incontrare - dice Riondino -. Il musicista torna alla Pietà con una idea ben precisa in mente che riuscirà a sviluppare con l'aiuto di Cecilia". Sottolinea invece Michieletto, che non ha 'osato' troppo in 'Primavera': "Chissà forse nel prossimo film potrei fare qualcosa di diverso, magari più ruvido e meno prevedibile. Avevo solo voglia di raccontare una storia in cui ci fossero elementi che conosco bene da offrire al pubblico in maniera credibile". "Certo che ci sono affinità col personaggio di Modesta de L'arte della gioia" - dice oggi a Roma Tecla Insolia -. Hanno entrambe un'idea di modernità e di ribellione, in Cecilia questi livelli di sofferenza e introspezione sfociano attraverso la musica, ma credo ci sia differenza nel tipo di emancipazione che il personaggio di Cecilia raggiunge nel finale del film".

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R.Lee--AT